Spetta al giudice ordinario, e non a quello amministrativo, la competenza a giudicare una controversia relativa alla revoca della patente di guida emesso in ragione dell’inflizione di una condanna per reati in materia di stupefacenti (Tar Lombardia, sezione 1, sentenza 7 ottobre 2015, n. 2122).
La sentenza ha puntualizzato che il provvedimento del Prefetto non è espressione di discrezionalità amministrativa, ma è un atto dovuto che non determinerebbe la degradazione a interesse legittimo della posizione di diritto soggettivo della persona abilitata alla guida.
Difetto di giurisdizione. Il criterio generale di riparto della giurisdizione è dato dalla consistenza della posizione soggettiva azionata e diventa fondamentale, ai fini della sua applicazione, capire come distinguere diritti e interessi, non in relazione alla prospettazione ma all’essenza delle posizioni dedotte in giudizio. La natura eminentemente privatistica del potere di revoca impone la qualificazione in termini di diritto soggettivo della posizione giuridica soggettiva azionata, la cui tutela spetta, dunque, al giudice ordinario quale giudice dei diritti.
Il provvedimento prefettizio di revoca della patente guida non esprime esercizio di discrezionalità amministrativa, cioè di potere idoneo a degradare la posizione di diritto soggettivo della persona abilitata alla guida, ma è un atto dovuto, nel concorso delle condizioni all’uopo stabilite dalla norma.
Alcuna discrezionalità può rinvenirsi nell’agire non autoritativo dell’Amministrazione preposta, atteso che quest’ultima deve limitarsi ad accertare la sussistenza dei presupposti di legge prima di disporre il conseguente provvedimento di revoca della patente.
Pertanto, in assenza di eccezioni all’ordinario criterio di riparto basato sulla posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, la giurisdizione compete al giudice ordinario, essendo la posizione del privato attinto da tale tipologia di atti, qualificabile in termini di diritto soggettivo. Diverse ipotesi a sostegno. Sono molteplici le ipotesi in presenza delle quali la giurisdizione si incardina in capo al giudice ordinario.
In primo luogo, la revoca della patente di guida a un soggetto sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di anni quattro, disposta con decreto del Prefetto, ai sensi dell’articolo 120 del Codice della strada. Pur attenendo a una diversa causa di revoca secondo la disciplina prevista dal comma 1 dell’articolo 120 del Dlgs 285/1992, è nondimeno suscettibile di estensione analogica sul piano della vincolata decisione dell’Autorità prefettizia. I passati dibattiti sulla natura dello status leso dal provvedimento (se diritto soggettivo o interesse legittimo) hanno trovato la loro definitiva soluzione con un regolamento di competenza relativo a una controversia avente a oggetto l’emissione di un provvedimento di revoca della patente di guida in conseguenza dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
In tal caso, il decreto con il quale il Prefetto dispone la revoca della patente di guida per effetto della sottoposizione del titolare alla misura di prevenzione, non costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, costituendo piuttosto la constatazione della inesistenza originaria o sopravvenuta dei requisiti morali prescritti per il conseguimento dei titoli abilitativi alla guida. Anche la stessa giurisdizione amministrativa ha riconosciuto i principi suddetti, sottolineando che una controversia concernente la revoca della patente disposta in conseguenza della condanna del ricorrente per il reato di cui all’articolo 73, comma 5, del Dpr 309/1990 (una fattispecie di reato meno grave, sul piano sanzionatorio, rispetto a quella imputata de quo) non è incardinabile innanzi al giudice amministrativo.
In tale ipotesi, infatti, il ricorso sarebbe inammissibile. Non vi è dubbio, dunque, sulla qualificazione della situazione giuridica soggettiva riconoscibile in capo al destinatario del provvedimento di revoca della patente di guida per originaria o sopravvenuta mancanza dei requisiti morali previsti dall’articolo 120 del Codice della strada quale diritto soggettivo da tutelarsi innanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria.
FONTE SOLE 24 ORE