L’art. 55, co. 4, del d.P.R. 24 aprile 1982 n. 335, recante ordinamento del personale della Polizia di Stato, consente di prescindere dalle ordinarie procedure di mobilità a domanda e di disporre il trasferimento del dipendente “anche in soprannumero” quando, tra l’altro, ricorrano “gravissime ed eccezionali situazioni personali”. La norma attribuisce, dunque, all’Amministrazione un potere eccezionale e derogatorio, come tale caratterizzato da ampia discrezionalità, il cui esercizio, com’è noto, può essere sindacato nei limiti della sussistenza di gravi ed evidenti vizi di razionalità ed illogicità o di travisamento dei fatti, nonché a fronte del quale sono ovviamente configurabili unicamente situazioni soggettive di interesse legittimo del dipendente.
Nella specie, il Capo della Polizia ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta di trasferimento avanzata dall’assistente capo -OMISSIS- osservando che la situazione rappresentata dal medesimo nelle note del 9 e 23 giugno 2010 “non consente valutazioni in deroga ai criteri ordinari che disciplinano la mobilità a domanda”; pertanto “l’aspirazione dell’interessato, alla luce delle motivazioni e delle necessità evidenziate, è stata acquisita agli atti al fine di essere esaminata, comparativamente alla posizione di pariqualifica”.
In tal modo l’Amministrazione ha chiaramente espresso il motivo del diniego, che consiste nel mancato apprezzamento come “gravissime ed eccezionali” delle ragioni esposte e documentate dal dipendente. Tale valutazione si dimostra esente dai palesi vizi di cui innanzi, come del resto rilevato dalla Sezione in sede cautelare (cfr. ord. 18 novembre 2011 n. 5089).
Invero, la patologia dei due figli del richiedente, così come documentata e pur oggettivamente di una certo livello di gravità, non era stata riconosciuta in via ufficiale particolarmente grave, cioè “gravissima”. L’appellato ha difatti comprovato in questa sede che solo in date 5 luglio 2012 e 4 febbraio 2013 le competenti commissione medica per l’accertamento dell’handicap e commissione medica per l’accertamento delle invalidità hanno riconosciuto uno dei due figli “portatore di handicap in situazione di gravità” e, rispettivamente, “minore invalido con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età”, peraltro in entrambi i casi assoggettando il responso a futura revisione.
Oltretutto, neanche tali sopravvenuti giudizi medico-legali attestano una situazione “gravissima” sotto il profilo clinico. Né avrebbe potuto condurre ad un diverso apprezzamento, da un lato, la circostanza dell’esenzione dal pagamento del ticket sanitario, che compete ai cittadini affetti da una o più patologie croniche previste dal decreto ministeriale n. 296/2001, non necessariamente gravi e tanto meno gravissime; dall’altro lato, il parere favorevole del Questore della sede di provenienza, atteso che, come giustamente addotto da parte appellante, l’Amministrazione centrale, in una visione estesa a tutti i reparti della Polizia di Stato, deve basarsi su criteri ben più ampi, avuto riguardo anche alle istanze di altri operatori richiedenti per problemi similari le sedi a cui aspira l’originario ricorrente.
Infine, poiché le puntuali ragioni di fatto del diniego ed il conseguente iterlogico seguito emergono compiutamente dal mero raffronto tra l’anzidetta motivazione del diniego e la documentazione prodotta dall’interessato a sostegno della richiesta di trasferimento, non può propriamente parlarsi di difetto di motivazione, Per le considerazioni sin qui esposte deve ritenersi che erroneamente il TAR, pur dando atto che in materia residua al giudice un controllo limitato alla ragionevolezza dei parametri utilizzati ed alla coerenza dell’operazione ermeneutica condotta, si è sostanzialmente sovrapposto all’amministrazione nel giudizio da questa espresso. Anzi, nel rilievo della sussistenza di giurisdizione esclusiva è pervenuto persino a disporre che il Ministero trasferisca anche in soprannumero il ricorrente presso una delle sedi da lui indicate, senza però considerare che siffatta tipologia di giurisdizione (vale a dire anche sulle controversie in cui si faccia questione di diritti nelle materie di cui all’art. 133 co. proc. amm., sempreché la controversia non ricada comunque, come nella specie, nella giurisdizione generale di legittimità) non si traduce nella diversa tipologia della giurisdizione estesa al merito di cui all’art. 134 cod. proc. amm..
FONTE GAZZETTA AMMINISTRATIVA