L’indennità di trasferimento è dovuta se la nuova sede si trova in un Comune non confinante (cioè non limitrofo) con quello in cui era la sede del reparto soppresso, a condizione che le due case comunali siano distanti più di dieci chilometri; invece se la nuova sede è ubicata in un Comune confinante (limitrofo) l’indennità non spetta anche se la distanza tra i Comuni supera i 10 km. Il Consiglio di Stato con Cons con sentenza n°4352/2018 ha espresso il principio di diritto in ordine alla spettanza o meno, per gli appartenenti alle forze armate, dell’indennità di trasferimento prevista dalla legge 83/2001.
Il fatto
Un militare dopo il suo spostamento, dovuto alla soppressione del reparto di appartenenza, ha richiesto la liquidazione dell’indennità di trasferimento (articolo 1 della legge 86/2001 e legge 836/1973) che gli è stata negata prima dal capo del servizio amministrativo, e poi dal Tar al quale aveva fatto ricorso. Il Consiglio di Stato, invece accoglie l’appello accertando il diritto all’indennità di trasferimento.
La decisione
La sentenza è degna di pregio giuridico perché evidenzia le condizioni, al ricorrere delle quali l’indennità di trasferimento è dovuta al personale militare.
La legge 86/2001 stabilisce che al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia a ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza e in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi.
Successivamente la norma è stata aggiornata con l’introduzione del comma 1-bis dell’articolo 1, secondo il quale: l’indennità di trasferimento nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d’autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni.
Il Consiglio di Stato ha chiarito che i commi 1 e 1-bis non risultano formulati in termini omogenei. Infatti, il comma 1 dà rilievo alla distanza tra i Comuni nel cui territorio sono ubicate le due sedi servizio; invece il comma 1-bis dà rilievo al carattere limitrofo delle due sedi di servizio.
La soluzione adottata dal giudice amministrativo di appello consiste nel dare rilievo al principio giurisprudenziale maggioritario dei Tar, che afferma che il comma 1-bis va interpretato in coerenza col disposto del comma 1. Perciò se la nuova sede è posta in un Comune non confinante (cioè non limitrofo) con quello in cui aveva sede il reparto soppresso l’indennità spetta, purché le due case comunali distino più di dieci chilometri; invece se la nuova sede è ubicata in un Comune confinante (limitrofo) l’indennità non spetta anche se la distanza tra i Comuni supera i 10 km.
Conclusioni
Il Consiglio di Stato ha deciso di accogliere le doglianze del militare, in quanto l’orientamento giurisprudenziale tratta in modo omogeneo situazioni analoghe e non introduce differenziazioni irragionevoli nell’ambito dei trasferimenti di autorità disciplinati dall’articolo 1.
In sostanza, le strutture di appartenenza dell’appellante rientrano nell’organizzazione operativa dell’esercito Italiano e non hanno una propria circoscrizione territoriale di competenza. Per questo motivo, se la sede di servizio di cui al comma 1-bis facesse riferimento alla circoscrizione territoriale di competenza, anziché riferirsi al Comune, ne deriverebbe un’inammissibile interpretazione abrogante dell’articolo 1 della legge 86/2001, venendo di fatto meno ogni possibilità di attribuzione dell’indennità di trasferimento ai dipendenti dell’esercito.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 4352/2018
FONTE SOLE 24 ORE