La sospensione cautelare dal servizio è una misura interinale facoltativa di sospensione dall’impiego, la cui funzione è quella di allontanare il dipendente interessato dal servizio al fine di evitare un pregiudizio per il buon andamento ed il prestigio dell’amministrazione di appartenenza, nonché per la credibilità della stessa presso la collettività. Il provvedimento, ben diverso da una sanzione disciplinare e non richiedente la previa comunicazione di avvio del procedimento, è sindacabile dal G.A. soltanto ove risulti manifestamente irragionevole, non necessitando una specifica e diffusa motivazione, essendo sufficiente il richiamo all’oggettiva gravità dei fatti ascritti, non richiedendosi l’esposizione delle ragioni per le quali i fatti contestati devono considerarsi particolarmente gravi, potendo tale giudizio essere implicito nella gravità dei reati contestati, nella posizione di impiego rivestita dal dipendente e nella commissione dei reati in occasione o a causa del servizio.
A tanto, in estrema sintesi, perviene la Sezione I Quater del TAR Lazio, Roma, con la sentenza 29 dicembre 2020, n. 14055.
Il ricorso portato all’attenzione dei giudici amministrativi romani è inoltrato da un appartenente alla Polizia di Stato ed è finalizzato ad ottenere l’annullamento, previa sospensiva, del decreto del Capo della Polizia di sospensione cautelare dal servizio ex art. ) comma 2 del DPR 737/1981, del telex con il quale è stata comunicata all’interessato l’adozione della suddetta misura prevista, della nota del questore competente di proposta di adozione del predetto provvedimento interinale, della comunicazione della Procura della Repubblica presso il Tribunale competente con cui si è comunicato l’esercizio dell’azione penale nei confronti del ricorrente, nonché dell’atto di disposizione del ritiro del materiale in dotazione personale dell’interessato, oltre il risarcimento per l’invocato danno subito.
La fattispecie concreta sottesa all’adozione dei menzionati atti oggetto di ricorso concerne l’esercizio dell’azione penale nei confronti del ricorrente per i reati di concorso in rapina aggravata, di tentata estorsione aggravata, di violenza privata, di sequestro di persona aggravato e di abuso d’ufficio, con l’effetto che le suddette attività illecite poste in essere hanno compromesso il rapporto fiduciario con l’amministrazione di appartenenza, incidendo negativamente sul prestigio di quest’ultima.
TAR Lazio, Roma, con la sentenza 29 dicembre 2020, n. 14055
LA SEGRETERIA NAZIONALE