Il Consiglio di Stato parifica la posizione del poliziotto che, candidatosi, vince le elezioni a quella di chi non viene eletto. Entrambi, soggetti a trasferimento, hanno il diritto ad essere trasferiti nella sede più vicina.
La vita sarà ora più agevole anche per il poliziotto che, deciso a candidarsi a cariche politiche, non venga eletto.
Il commissario di polizia, parte del giudizio che si commenta, ha ottenuto la revoca del trasferimento disagiato, potrà quindi lavorare anche nella stessa provincia, compatibilmente con le esigenze organizzative degli uffici e nel rispetto del principio per cui deve essere evitata ogni interferenza tra l’attività politica e quella di polizia.
Sul punto si è pronunciato il Consiglio di Stato con sentenza 4861/2014, pubblicata il 29 settembre, dove ha chiarito che “Viste le disposizioni dell’art. 53, commi 1 e 2, del d.P.R. 335/1982, ritiene il Collegio che il trasferimento del personale di Polizia alla sede di servizio più vicina è previsto, compatibilmente con la qualifica rivestita, con riguardo non solo agli eletti, ma anche ai candidati che, poi, risultino non eletti”.
La vicenda nasce quando un sostituto commissario assegnato alla questura di Chieti dal 1989, aveva deciso di candidarsi alla carica di consigliere per le elezioni comunali 2005 della medesima città.
Presentata al Dipartimento di riferimento la domanda di trasferimento, imposta per evitare possibili interferenze con le funzioni di polizia ricoperte, aveva chiesto di essere spostato alla questura di Pescara, per stare più vicino alla famiglia, ed alla sua residenza.
Niente da fare, questa la posizione del Dipartimento. Dato il fallimento alle elezioni, la sua richiesta non era stata accolta: invece che Pescara era stato trasferito a più di 50 km nel commissariato distaccato di Lanciano (per presunta necessità di organico) (CH).
Impugnato il decreto di trasferimento, il poliziotto è uscito vincitore nel giudizio amministrativo contro il Ministero dell’Interno.
La questione dibattuta riguardava l’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335, concernente l’ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di Polizia.
L’articolo recita testualmente al primo comma: “il personale di cui al presente decreto legislativo, candidato alle elezioni politiche ed amministrative, non può prestare servizio per tre anni nell’ambito della circoscrizione nella quale si è presentato come candidato”.
Il secondo comma dello stesso articolo dispone, poi che “il personale non può prestare servizio nella circoscrizione ove è stato eletto per tutta la durata del mandato amministrativo o politico, e, comunque, per un periodo non inferiore a tre anni, e deve essere trasferito nella sede più vicina, compatibilmente con la qualifica rivestita”.
In breve, e come già chiarito dai Giudici di Palazzo Spada (con parere 1271/1990), si deve procedere al trasferimento del dipendente candidato alle elezioni, non solo quando il territorio del comune sede dell’ufficio coincide in tutto o in parte o, comunque, rientra nell’ambito della circoscrizione elettorale considerata, ma anche quando, a prescindere dalla collocazione geografica del comune sede dell’ufficio, la competenza di quest’ultimo si estenda anche alla circoscrizione territoriale elettorale o a parte di essa.
La disparità di trattamento tuttavia non deve più sussistere tra candidati eletti e non eletti.
La normativa, nell’interpretazione letterale, lascia spazio ad ipotesi di disparità circa la richiesta di spostamento alla sede più vicina, ma la sostanza, dice il Consiglio di Stato, è la stessa: solo “evitare interferenze tra le funzioni di appartenente alle forze di Polizia e l’esercizio dei diritti politici garantito a livello costituzionale al cittadino”.
Ad avviso del Collegio, bisogna quindi privilegiare l’interpretazione delle norme conforme ai principi costituzionali, anche ampliando il limite alla discrezionalità organizzativa del Dipartimento di Polizia di Stato.
Perché garantire il trasferimento ad una sede vicina solo al candidato eletto?
La disposizione più favorevole (il 2° comma dell’art, 53 sopra citato) va riferita anche all’ipotesi del candidato non eletto, rappresentando tale disposizione legislativa un equo contemperamento tra il diritto di esercizio delle funzioni elettive, garantito a tutti dall’art. 51 Cost., e l’esigenza di preservare l’attività di servizio della Polizia di Stato da interferenze derivanti dal mandato amministrativo o politico.
Come sottolinea il giudice amministrativo, sarebbe irragionevole e gravoso l’esercizio del diritto a candidarsi in capo al personale di Polizia, che, per il solo fatto di candidarsi, si esporrebbe al rischio di essere assegnato ad una sede di servizio molto disagevole in quanto distante dalla dimora della sua famiglia.
Per fortuna il Commissario non si è arreso al trasferimento. Spetterà ora al Dipartimento di Polizia attuale la decisione ammnistrativa.
One Comment
Marco Lecce
Ok quindi ! Altri ricorsi in vista , per poi non ottenere il nulla