Con una importante decisione la Cassazione abbatte un altro paletto nella disparità di tutela accordata ai “diritti soggettivi” rispetto agli “interessi legittimi”. Dopo la «fondamentale», ma ormai risalente, pronuncia a Sezioni unite n. 550 del 1999, che ha esteso l’azione risarcitoria contro la Pa, fino ad allora limitata ai “diritti soggettivi”, anche alle lesione degli “interessi legittimi”, la Suprema corte, con la sentenza 16276/2015 (che ha soltanto due precedenti «impliciti»), ha affermato per la prima volta in modo netto la responsabilità diretta dell’impiegato.
Il caso – La vicenda riguardava la mancata nomina a dirigente del reparto di oculistica di un professore universitario già designato a quel ruolo da una convenzione tra il suo ateneo ed una Usl umbra. Al momento della nomina, però, il commissario straordinario dell’Unità sanitaria ha scelto di bandire un concorso prevedendo dei requisiti di cui il professore era sprovvisto. Dopo un primo diniego di giurisdizione, la Corte di appello di Perugia, decidendo, rigettò la domanda nei confronti del funzionario «sul presupposto che il pregiudizio lamentato dall’attore consisteva nella lesione d’un interesse legittimo, e che di tale danno i pubblici impiegati non possano essere chiamati a rispondere».
La motivazione – Di diverso avviso la Suprema secondo cui: «Il pubblico impiegato che abbia adottato o concorso alla formazione, nell’esercizio delle proprie funzioni, di atti amministrativi lesivi di interessi legittimi, ne risponde nei confronti del terzo danneggiato dal provvedimento, non ostandovi il disposto dell’articolo 23 Dpr n. 3 del 1957, il quale, interpretato in modo costituzionalmente orientato, non esclude la responsabilità del pubblico dipendente per lesione di interessi legittimi».
Tale articolo, infatti, limita espressamente la responsabilità alla «violazione dei diritti dei terzi» che l’impiegato abbia commesso per dolo o colpa grave. Ma, spiega la Corte, la norma risale ad un periodo in cui «non si dubitava della irrisarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo».
Oggi, invece, il mutato quadro normativo (articolo 7, comma 4, legge 104/2010) e giurisprudenziale (Cassazione 500/1999), che accorda a chiunque il diritto ad ottenere il risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi, «impone una lettura aggiornata e costituzionalmente orientata dell’articolo 23 Dpr 3/57, in virtù della quale l’espressione “violazione dei diritti dei terzi” deve intendersi quale sinonimo di “violazione degli interessi protetti dei terzi”». Mentre ogni diversa interpretazione creerebbe una disparità di trattamento «in palese contrasto con l’articolo 24 Costituzione a norma del quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi».
Così, il rinvio al Corte di appello di Perugia, affinché decida sulla base del nuovo principio di diritto, chiude un’epoca che ha avuto il suo punto di riferimento nella sentenza a Sezioni unite n. 3357 del 1992 che aveva escluso senza mezzi termini l’azione di risarcimento ai danni del pubblico impiegato, perpetuando un doppio binario ormai crollato sotto i colpi di sentenze e riforme legislative.
Cassazione 2015 risarcimento lesione di interesse legittimo
FONTE IL SOLE 24 ORE