LE MASSIME
Circolazione stradale – Guida in stato di ebbrezza – Rifiuto a sottoporsi all’esame alcolemico – Sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida – Rinvio al trattamento sanzionatorio previsto per la guida in stato di ebbrezza – Conseguenze – Raddoppio in caso di veicolo appartenente a persona estranea al reato – Esclusione – Ragione. (Decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, articolo 186, comma 7)
Nel caso di rifiuto a sottoporsi all’esame alcolemico previsto dall’articolo 186, comma 7, del codice della strada, il rinvio alle «stesse modalità e procedure previste dal comma 2, lettera c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione», contenuto nel secondo periodo del comma 7, dell’articolo 186 del codice della strada, dopo le previsioni relative alla sospensione della patente di guida e alla confisca del veicolo, deve intendersi limitato alle sole «modalità e procedure», contenute nell’articolo 186, comma 2, lettera c), del codice della strada, che regolano il sistema della confisca del veicolo, con esclusione del rinvio alla disciplina del raddoppio della durata della sospensione della patente di guida, qualora il veicolo appartenga a persona estranea al reato; conseguentemente, la durata della sospensione della patente di guida, quale sanzione amministrativa che accede al reato di rifiuto, compresa, ai sensi dell’articolo 186, comma 7, secondo periodo, del codice della strada, tra il minimo di sei mesi e il massimo di due anni, non deve essere raddoppiata nel caso in cui il veicolo appartenga a persona estranea al reato. (G.Am.)
LE MASSIME
Circolazione stradale – Guida in stato di ebbrezza – Rifiuto a sottoporsi all’esame alcolemico – Circostanza aggravante di aver causato un incidente – Configurabilità – Esclusione – Ragione. (Decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, articolo 186, commi 2, 2-bis e 7)
La circostanza aggravante dell’aver provocato un incidente stradale (articolo 186, comma 2-bis , del codice della strada) non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza (articolo 186, comma 7, dello stesso codice), stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza (articolo 186, comma 2, del codice della strada) (la Corte, in particolare, a conferma della diversità ontologica delle due fattispecie, ha valorizzato la circostanza che nel rifiuto si punisce solo la condotta omissiva del soggetto che ricusa l’accertamento, prescindendo dalla condizione, in ipotesi alterata, in cui tale soggetto si trovi, con la ulteriore conseguenza che è finanche possibile configurare l’eventuale concorso materiale tra le fattispecie incriminatrici del rifiuto e della guida in stato di ebbrezza). (G.Am.)
Le sezioni Unite, con due importanti sentenze (ultima la Sentenza 29 ottobre-24 novembre 2015 n. 46624) su alcune disposizioni del codice della strada, più volte ritoccato da interventi normativi in questi ultimi anni, hanno fornito soluzioni interessanti a questioni molto dibattute. Vengono in considerazione non soltanto risposte di contenuto, ma soprattutto valutazioni metodologiche concernenti le tecniche normative dell’epoca dei pacchetti sicurezza e gli effetti di tale sedimentazione legislativa sul versante interpretativo. Le due sentenze si segnalano, quindi, non solo per il risultato ermeneutico, ma soprattutto per il ragionamento sotteso e le valutazioni di ordine dommatico che aiutano l’interprete nel difficile compito quotidiano di orientarsi dentro la farraginosa selva di norme precettive e sanzionatorie . Non si può fare a meno di sottolineare come i problemi sollevati dalle ordinanze di rimessione trovavano la loro radice in quel modo di legiferare, tutto italiano, per cui la rilevanza penale, la depenalizzazione e la reintroduzione della rilevanza penale o l’inasprimento delle sanzioni non sono quasi mai frutto di valutazioni sulla offensività oggettiva delle fattispecie e delle condotte, bensì il risultato di indirizzi contingenti di politica legislativa, suscettibili di continue rivisitazioni e tali da attribuire ai vari “pacchetti sicurezza” il valore di un terreno fertile per lo scontro politico e l’aggregazione di consensi nell’impiantare misure deterrenti, misure che poi si rivelano poco dissuasive, per effetto della «ineffettività delle sanzioni» e del processo di amministrativizzazione del diritto penale, segni a loro volta che costituiscono il dato caratteristico del nostro sistema penale sempre più lontano dall’Europa.
I PRECEDENTI DELLA CASSAZIONE IN MATERIA
Circolazione stradale (nuovo codice) – Illeciti penali – In genere – Rifiuto di sottoporsi ai test alcolimetrici – Confisca del veicolo – Natura – Sanzione amministrativa accessoria – Esclusione.
La confisca del veicolo prevista nel caso di condanna per il reato di rifiuto a sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici è misura di carattere penale e non amministrativa, come rivela il rinvio operato dalla norma in questione alla analoga disposizione contenuta nel secondo comma lettera c) dell’articolo 186 del codice della strada in relazione alla fattispecie di guida in stato di ebbrezza, la quale, a sua volta, richiama l’articolo 240, comma secondo, del codice penale
- Sezione IV, sentenza 13-22 maggio 2009 n. 21499
Circolazione stradale (nuovo codice) – Norme di comportamento – Circolazione – Guida in stato di ebbrezza – Da alcool – Sequestro del veicolo – “periculum in mora” – Presunzione di legge.
In tema di guida in stato di ebbrezza caratterizzata da un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, il “periculum” che legittima il sequestro preventivo del veicolo appartenente al conducente è presunto per legge, essendo in tale ipotesi prevista, dall’articolo 186, comma secondo, lettera c), del Cds, la confisca obbligatoria del mezzo.
- Sezione feriale, sentenza 28 agosto-25 settembre 2009 n. 36822
Cassazione n. 42624 del 2015: il trattamento sanzionatorio del rifiuto a sottoporsi all’esame alcolemico
La prima sentenza, la n. 42624, affronta la questione del trattamento sanzionatorio del rifiuto a sottoporsi all’esame alcolemico o ad altri accertamenti, ove l’autovettura sia di proprietà di un terzo, in particolare se sia possibile l’aumento non solo della pena principale ma anche della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, secondo la disciplina posta dal comma 2 lettera c), richiamata nel comma 7 dell’articolo 186.
Il contrasto verteva sull’interpretazione di quest’ultima norma, segnatamente sul rinvio che tale disposizione opera al testo del comma 2 lettera c) dello stesso articolo, ove si prevede il trattamento sanzionatorio più grave, se il veicolo appartiene a persona estranea al reato. Per un primo orientamento (sentenze Vaglia e Farinelli delle sezioni IV e VI), l’aggravamento della sanzione principale non include la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, perché tale disposizione è stata ritenuta autonoma rispetto al resto della norma.
Secondo un altro orientamento, del tutto opposto (sentenze Bianchi e De Berardinis della sezione IV), anche la sanzione amministrativa accessoria è aggravata, per il carattere dinamico del rinvio. L’importanza della questione risiede negli effetti da attribuire alle sedimentazioni normative succedute nel tempo.
Com’è noto il codice della strada è stato oggetto di ritocchi continui, a partire dagli anni duemila, ancor più dal 2007 al 2010, in virtù di scelte di politica legislativa ben precise che hanno privilegiato l’inasprimento delle sanzioni come deterrente per l’aumento esponenziale degli incidenti stradali. La sentenza, dopo aver delineato il quadro normativo, analizza le argomentazioni addotte a sostegno dei due orientamenti.
Il primo orientamento è sostenuto da ragioni di natura «letterale, diacronica e sistematica», perché il testo della norma non tocca la sanzione amministrativa accessoria che è oggetto di una disposizione autonoma, con riferimento alla frase «modalità e procedure», per la considerazione che la disposizione di cui all’articolo 186 comma 7 è stata introdotta dal decreto legge n. 92 del 2008, cosiddetto “pacchetto sicurezza” che è venuto ad attribuire rilievo penale alla fattispecie del rifiuto di sottoporsi ad esame alcolemico o ad altri accertamenti, fattispecie in precedenza considerata violazione amministrativa dalla riforma del 2007, mentre la previsione della sanzione amministrativa accessoria è rimasta immutata nel corso delle modifiche normative, quindi il rinvio ex articolo 186, comma 7, si limita alle modalità di confisca del veicolo e non al raddoppio della sanzione amministrativa se il veicolo è del terzo.
Nel secondo orientamento viene, invece, risaltata la tecnica mista cui ha fatto ricorso il legislatore giacché la disposizione contiene tre richiami, rispettivamente alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, alla confisca del veicolo (sulla natura penale di tale confisca sezioni Unite n. 23428 del 18 giugno 2010) e alle modalità e procedure del comma 2 lettera c), se il veicolo appartiene a un terzo estraneo, sicché unitariamente considerati questi tre richiami costituiscono un rinvio “dinamico”, con la conseguenza che l’evoluzione della norma cui si fa rinvio condiziona il testo e il contenuto della norma-base. Più precisamente, com’è stato indicato da alcune sentenze (sezione IV, n. 14169 del 2015), appare indubbio che tra le «modalità di applicazione della sospensione della patente di guida, come dettata dall’art. 186, comma 2, lettera c), deve includersi l’eventuale raddoppio della durata di detta sanzione amministrativa accessoria, irrogata dal giudice penale, in alternativa all’impossibilità di far luogo alla confisca del veicolo».
Il contrasto e la soluzione adottata
Le sezioni Unite hanno sottoposto a critica la tecnica normativa della decretazione di urgenza nel settore penale, perché l’inasprimento del trattamento sanzionatorio è stato poco dissuasivo tant’è che il legislatore nel 2010 con l’articolo 33 della legge n. 120, ha previsto nel comma 9-bis il potere del giudice di sostituire per non più di una volta la pena applicata per contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza con quella del lavoro di pubblica utilità, salvo nel caso che il conducente abbia provocato un incidente, introducendo una vera e propria causa di estinzione della pena.
Nel 2007, la fattispecie è stata depenalizzata dal decreto legge n. 117, che ha introdotto in luogo della previgente contravvenzione penale una violazione amministrativa, sanzionata con pena pecuniaria e con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da sei mesi a due anni oltreché con il fermo del veicolo, sempreché questo non sia appartenuto a soggetto estraneo, limitazione chiaramente circoscritta all’inapplicabilità del fermo amministrativo del veicolo, precisando che ciò avveniva «con le stesse modalità e procedure del comma 2 lett. c), salvo che il veicolo» appartenesse a un terzo.
Nel 2008, l’articolo 186 divenne oggetto di nuove modifiche col ripristino della sanzione penale, mentre la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente non venne modificata dalla norma.
La legge del 2009, articolo 3 comma 45, ha introdotto, nel comma 2 lettera c) dell’articolo 186 l’inasprimento della sanzione amministrativa accessoria raddoppiandola, se il veicolo appartiene a un terzo, mentre la legge del 2010, articolo 33, ha innalzato il minimo edittale previsto per la più grave delle tre contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza, da tre a sei mesi di arresto, lasciando immutata la pena massima.
La sentenza in commento riconosce che per la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, non può parlarsi né di rinvio recettizio né di rinvio dinamico, perché tale sanzione, per l’ipotesi del reato di cui all’articolo 186 comma 7, è prevista come autonoma, con la conseguenza che non è applicabile l’aggravamento. Mentre per la pena principale deve parlarsi di rinvio dinamico, tale essendo solo il rinvio a un istituto o a una normativa complessivamente considerati.
Con la depenalizzazione della condotta, se il conducente si rifiutava di sottoporsi all’esame alcolemico o ad altri accertamenti, erano divenute impossibili sia la condanna sia l’accertamento dello stato di ebbrezza. Quindi il legislatore ha perseguito l’interesse a frenare il fenomeno della moltiplicazione degli incidenti stradali parificando la sanzione penale della condotta di rifiuto a sottoporsi all’esame alcolemico o ad altri accertamenti con il divieto di guida in stato di ebbrezza, così viene rovesciata la situazione del conducente che mentre prima poteva avere interesse a non farsi esaminare il tasso alcolemico andando incontro solo a una sanzione amministrativa, adesso si vede applicata la sanzione penale perdendo la possibilità di dimostrare che il suo tasso alcolemico è inferiore a quello massimo. Ma tra le “modalità” di applicazione della sospensione della patente di guida, come dettata dall’articolo 186, comma 2 lettera c), secondo l’indirizzo non accolta dalla sentenza delle sezioni Unite, deve includersi l’eventuale raddoppio della durata di detta sanzione amministrativa accessoria, irrogata dal giudice penale, in alternativa all’impossibilità di far luogo alla confisca del veicolo.
Nella legge n. 120 del 2010, articolo 33 comma 2, il legislatore ha previsto, con l’articolo 186-bis, alcune nuove fattispecie, ma ha anche disposto specificamente l’aggravamento delle sanzioni penali, nel comma 6, laddove ha stabilito «salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5 dell’articolo 186, il conducente è punito con le pene previste dal comma 2, lettera c), del medesimo articolo, aumentate da un terzo alla metà», introducendo anche l’aumento della sanzione amministrativa accessoria, raddoppiandola nel caso che non sia possibile la confisca perché il veicolo è di proprietà di un terzo, sicché quando il legislatore ha voluto, ha detto chiaramente che la disposizione veniva aggravata, non così, invece, nell’ipotesi di cui all’articolo 186 comma 7, oggetto del contrasto risolto dalle sezioni Unite, con la conseguenza che la sanzione amministrativa accessoria in quest’ultima ipotesi, non può essere aggravata. In definitiva, la massima viene collegata a una ricostruzione sistematica delle sedimentazioni succedute e all’argomento “ubi voluit dixit”. Inoltre, la sentenza rimarca che appare non persuasivo il riferimento, in alcune sentenze, al rinvio dinamico, mentre il dato letterale è di segno opposto. Alla fine, la sentenza in commento dà atto che la diversità di disciplina della sanzione amministrativa accessoria, così bene ricostruita, tra il comma 2 («guida in stato di ebbrezza») e il comma 7 («rifiuto di sottoporsi agli accertamenti»), con la possibilità di raddoppio solo nella prima ipotesi, è giustificata dalla «distinta oggettività giuridica», nel primo caso c’è l’utilizzo del veicolo, che denota un maggior pericolo per la sicurezza della circolazione, nel secondo solo la frapposizione di un ostacolo all’accertamento.
Cassazione 42625/2015: la configurabilità della circostanza aggravante
La seconda sentenza, la n. 42625, affronta la questione se la circostanza aggravante dell’articolo 186, comma 2-bis, di aver provocato un incidente stradale «in stato di ebbrezza», in riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza, sia applicabile anche al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza di cui all’articolo 186 comma 7 . Dal punto di vista astratto, ci permettiamo di notare che la circostanza aggravante non è un’entità suscettibile di accompagnare in ogni caso il reato, al di fuori dal quadro delle circostanze comuni delineati nell’articolo 61 del Cp, nella parte generale. Infatti, le circostanze speciali, applicabili solo ad alcune fattispecie, devono comunque avere col reato che aggravano un nesso quantomeno tipologico e tematico. Anche in questo caso vi erano due orientamenti. Quindi, sempre in astratto, il dato testuale non può mai prescindere dalla ricostruzione sistematica. Ciò premesso e venendo al contrasto giurisprudenziale risolto, va osservato che, secondo il primo orientamento (sentenze Caldarelli e Crisopulli della sezione IV), l’articolo 186, comma 7, richiama solo il comma 2, lettera c) dello stesso articolo («le pene di cui al comma 2 lett. c»), non anche il comma 2-bis. Inoltre il fatto che il comma 2 sia richiamato dal comma 2-bis, che disciplina l’aggravante in questione, non può condurre a diversa conclusione, semmai ciò sarebbe stato possibile nel caso inverso, cioè se il comma 2-bis avesse richiamato il comma 2, e si esclude che ciò sia il frutto di un mancato coordinamento normativo poiché entrambe le disposizioni sono state oggetto di interventi modificativi, con la conseguenza che l’aggravante non viene considerata configurabile. Secondo un altro indirizzo interpretativo (sentenze Lambiase e Stagnaro della sezione IV), l’aggravante dell’incidente è applicabile anche alla condotta di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, perché il testo del comma 2-bis richiama le sanzioni del comma 2.
Le sezioni Unite sono state investite dall’ordinanza n. 1757 del 2015, della IV sezione, con la quale, molto opportunamente e acutamente si è affermato che la questione involge «la stessa ricostruzione sistematica della fattispecie del rifiuto, che viene in rilievo, ed il significato giuridico dei rinvii operati dal legislatore, tra le disposizioni precettizie, e quelle sanzionatorie, comprese nell’art. 186, cod. strada».
Il contrasto e la soluzione adottata
Anche in questo caso la sentenza delle sezioni Unite ha prima ricostruito con puntualità gli interventi di sedimentazione normativa, in particolare sull’articolo 186 mediante la creazione di fasce di gravità corrispondenti al diverso tasso alcolemico, attraverso prima il decreto legge del 2007 che ha introdotto il comma 2-bis e successivamente altre disposizioni, tra il 2008 e il 2010, notando come i vari interventi hanno provocato incertezze interpretative. In secondo luogo, ha illustrato le opposte argomentazioni a sostegno dei due indirizzi ermeneutici, per la necessaria analisi critica. Nel primo orientamento, a sostegno della tesi della configurabilità dell’aggravante, viene valorizzato il richiamo al comma 2, lettera c), dell’articolo 186 del codice della strada, eseguito sia dal disposto di cui al comma 7, sia dal comma 2-bis, dell’articolo 186 citato, sicché detto richiamo deve necessariamente includere anche l’aggravante prevista dal comma 2-bis, poiché detta ultima disposizione a sua volta rinvia alle sanzioni del secondo comma del medesimo articolo, prevedendone il raddoppio.
A sostegno dell’altra tesi, escluso il difetto di coordinamento tra le diverse modifiche normative, si evidenzia che l’argomento dirimente è rinvenibile nel dato testuale, segnatamente, laddove è possibile raffrontare la definizione normativa dell’aggravante di cui al comma 2-bis e quella del reato di cui al comma 7, notando la diversità strutturale tra l’azione del conducente di un veicolo «in stato di ebbrezza», elemento specializzante richiesto dalla circostanza aggravante cennata, e quella del rifiuto «di sottoporsi all’accertamento di tale stato», dove è da ritenersi estraneo ogni accertamento dello stato di ebbrezza. Peraltro, nel comma 7 manca ogni riferimento esplicito al comma 2-bis, dov’è espressamente previsto il raddoppio delle sanzioni. Proprio la diversità delle due fattispecie incriminatrici (la «guida in stato di ebbrezza», ex articolo 186, comma 2; e il «rifiuto», di cui al comma 7), giustifica l’eventuale concorso materiale delle predette ipotesi di reato, non ricorrendo alcun rapporto di specialità tra le diverse disposizioni, che sono invece connotate da reciproca alternatività, con la conseguenza della non configurabilità dell’aggravante nel secondo reato. Anche se va precisato, per inciso, che nel 2010 le sezioni Unite, con la sentenza n. 23428 del 18 giugno 2010, evidenziarono che l’intenzione del legislatore è stata nel tempo di equiparare sul piano sanzionatorio la fattispecie del rifiuto e quella della guida in stato di ebbrezza alcolica, come dimostra la disciplina della confisca, che nell’articolo 186, comma 7, del codice della strada è costruita attraverso un rinvio pieno alle «modalità e procedure» di applicazione previste per la condotta di guida in condizioni alterate. Ma poiché per la configurabilità dell’aggravante occorre che il sinistro sia ascrivibile allo stato di ebbrezza, mancando questo nesso, appare quantomeno problematico l’integrazione dell’aggravante nel caso del rifiuto di sottoporsi all’accertamento, dove non c’è alcuna prova dello stato di ebbrezza.
Le sezioni Unite hanno optato per quest’ultimo indirizzo giurisprudenziale, valutandolo come maggiormente condivisibile e persuasivo e respingendo l’unica argomentazione a sostegno dell’altro orientamento, ritenuta infondata e poco convincente, cioè il richiamo al comma 2, lettera c), dell’articolo 186 del codice della strada, eseguito dal comma 7, perché la norma incriminatrice che è quest’ultima non richiama anche il comma 2-bis che a sua volta richiama il comma 2 e il comma 3, per stabilire il raddoppio delle pene. Da qui la massima elaborata, secondo la quale la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto all’accertamento della verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza. A riprova dell’esattezza di questa tesi, la sentenza sottolinea come la mancanza di un accertamento dello stato di ebbrezza e, dunque, del presupposto necessario perché possa definirsi il soggetto attivo del reato come «conducente in stato di ebbrezza», impedisce di considerare il soggetto come «conducente in stato di ebbrezza».
L’ulteriore elemento a sostegno della tesi accolta dalle sezioni Unite è la natura istantanea del reato di rifiuto di sottoporsi all’alcoltest, perché perfezionato col mero rifiuto di sottoporsi all’accertamento di tale stato, mentre appunto risulta estraneo alla fattispecie ogni accertamento dello stato di ebbrezza. Mentre è evidente la diversità ontologica fra la nozione di «conducente in stato di ebbrezza» e «conducente che si rifiuti di sottoporsi all’accertamento», solo la prima costituisce elemento costitutivo dell’aggravante.
Nelle sintetiche ma incisive ed esaurienti informazioni provvisorie della Corte di cassazione, compariva questa nota, esempio di prosa tacitiana, rispettivamente per la soluzione della sentenza n. 42625 e della n. 42624: «Sezioni unite: nessuna aggravante all’automobilista che rifiuta l’alcoltest. Non può considerarsi ubriaco». Ed ancora: «Rifiuto di sottoporsi ad alcoltest non sempre si applicano le conseguenze accessorie tipiche della guida in stato di ebbrezza».
I PRECEDENTI DELLA CASSAZIONE IN MATERIA
Circolazione stradale (nuovo codice) – Illeciti penali – In genere – Rifiuto di sottoporsi ai test alcolimetrici – Confisca del veicolo – Natura – Sanzione amministrativa accessoria – Esclusione.
La confisca del veicolo prevista nel caso di condanna per il reato di rifiuto a sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici è misura di carattere penale e non amministrativa, come rivela il rinvio operato dalla norma in questione alla analoga disposizione contenuta nel secondo comma lettera c) dell’articolo 186 del codice della strada in relazione alla fattispecie di guida in stato di ebbrezza, la quale, a sua volta, richiama l’articolo 240, comma secondo, del codice penale
- Sezione IV, sentenza 13-22 maggio 2009 n. 21499
Circolazione stradale (nuovo codice) – Norme di comportamento – Circolazione – Guida in stato di ebbrezza – Da alcool – Sequestro del veicolo – “periculum in mora” – Presunzione di legge.
In tema di guida in stato di ebbrezza caratterizzata da un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, il “periculum” che legittima il sequestro preventivo del veicolo appartenente al conducente è presunto per legge, essendo in tale ipotesi prevista, dall’articolo 186, comma secondo, lettera c), del Cds, la confisca obbligatoria del mezzo.
- Sezione feriale, sentenza 28 agosto-25 settembre 2009 n. 36822
FONTE IL SOLE 24 ORE
Paolo Giordano