Sono note a tutti ormai le anomalie relative alle vicissitudini che portarono all’espulsione di Alma Shalabayeva e sopratutto alla incredibile e per certi versi ambigua, condanna di autorevoli dirigenti e dipendenti della Questura di Roma.
Per questa vicenda in particolare l’ex capo della Squadra Mobile di Roma ed ex questore di Palermo Renato Cortese e l’ex capo dell’ufficio immigrazione ed ex capo della Polfer Maurizio Improta sono stati condannati a 5 anni per sequestro di persona.
Stante quanto premesso a seguito della pubblicazione delle motivazioni della sentenza da parte del Tribunale di Perugia e sopratutto a seguito alla pubblicazione del libro del ex pm Luca Palamara il Senatore Maurizio GASPARRI politico sempre attento alle tematiche che coivolgono le forze di Polizia, ha presentato un atto di sindacato ispettivo nel tentativo di chiarire l’annosa vicenda che in seguito alle rivelazioni di Palamara si infittisce di ombre.
Secono l’ex pm Luca Palamara infatti, quel procedimento, sarebbe stato al centro di una trattativa tra i magistrati di Perugia (che hanno indagato sul presunto sequestro di persona) e quelli di Roma (che avevano fatto espellere la donna in quanto clandestina e con documenti falsi). Nel libro racconto di Palamara, si fa riferimento alla guerra che, per questioni di nomine, per lungo tempo si erano fatti il procuratore di Perugia Luigi De Ficchy (titolare delle azioni penali nei confronti dei colleghi capitolini) e quello di Roma Giuseppe Pignatone. Un giorno, i due vengono messi uno di fronte all’altro al bar Vanni di Roma dallo stesso Palamara e «la conversazione riservata si svolge in una sala privata al piano superiore».
Però, come sottolinea Palamara, «la pace siglata tra i due durerà molto poco: di lì a breve la Procura di Perugia aprirà un’indagine nei confronti di uno dei più stretti collaboratori del procuratore Pignatone». Infatti l’aggiunto Antonella Duchini apre un fascicolo sull’espulsione della Shalabayeva e iscrive sul registro degli indagati Renato Cortese, l’ex capo della Squadra mobile di Roma che aveva lavorato con Pignatone anche a Reggio Calabria e Palermo.
Anche il fatto che il Tribunale di Perugia non abbia ammesso la testimonianza dei due magistrati titolari dell’inchiesta a carico della Shalabayeva, l’ex procuratore capo Giuseppe Pignatone ed il pm Eugenio Albamonte, così come richiesto dalle difese, avvalorerebbe questa tesi, con ciò limitando la possibilità di fare chiarezza sulla vicenda.
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Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-05239
Atto n. 4-05239
Pubblicato il 7 aprile 2021, nella seduta n. 312
GASPARRI – Ai Ministri della giustizia, dell’interno e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. –
Premesso che, per quanto risulta all’interrogante:
in data 8 gennaio 2021, il tribunale di Perugia ha depositato le motivazioni della sentenza n. 1594, con cui ha inflitto pesanti condanne ad alcuni dirigenti e dipendenti della Questura di Roma in relazione ai fatti che tra le giornate del 28 e 30 maggio 2013 portarono alla controversa espulsione dall’Italia della cittadina kazaka Alma Shalabayeva;
come emerso anche nel corso del processo a tale provvedimento si era pervenuti dopo un iter burocratico amministrativo che, seppur i suoi effetti siano stati giudicati penalmente rilevanti dal collegio giudicante, fu eseguito nel rispetto della normativa vigente con la presenza di tutte le autorizzazioni previste rilasciate dalle procure della Repubblica competenti (Procura della Repubblica e Procura dei minori di Roma);
la sentenza fonda il presupposto della condanna dei poliziotti sulla circostanza che l’espulsa, nonostante avesse dichiarato generalità e nazionalità diverse e fosse in possesso di documenti di identità dichiarati falsi, ma comunque quantomeno dubbi, fosse la moglie di Mukthar Ablyazov, dissidente e oppositore del Governo del Kazakistan, Paese ove, a dire del collegio giudicante, non venivano rispettati i diritti umani e, per tale motivo, la donna in caso di espulsione sarebbe stata esposta a gravissimi rischi per la propria incolumità. Nonostante il coinvolgimento nelle procedure espulsive di illustri magistrati appartenenti alle procure competenti, i quali risultano aver autorizzato l’adozione dei provvedimenti necessari al rimpatrio, risulta che il tribunale di Perugia, sebbene fosse stato anche richiesto in tal senso da parte delle difese degli imputati, addirittura, non avrebbe autorizzato l’escussione testimoniale di alcuni degli autorevoli pubblici ministeri interessati alle relative autorizzazioni,
si chiede di sapere:
se il Kazakhstan fosse effettivamente un Paese in cui non venivano rispettati i diritti umani e da quale documentazione ufficiale risultasse tale affermazione, considerato che alla data dei fatti contestati l’unico Paese segnalato dall’ACNUR (alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati) per gli elevati rischi cui sono esposti i suoi cittadini era il Mali, mentre rischi generici venivano indicati per Somalia, Etiopia ed Eritrea e valutato che l’Italia risulta intrattenere regolari rapporti commerciali con tale nazione;
se l’affermazione di cui sopra non si ponga in realtà in contrasto con l’accordo, fatto a Roma il 5 novembre 2009, tra il Governo italiano e quello del Kazakhstan per la cooperazione nel contrasto alla criminalità organizzata, al traffico di droga, al terrorismo ed altre forme di criminalità, tra cui quella economica, ratificato con legge 7 dicembre 2015, n. 216;
se i Ministri in indirizzo non ritengano di riferire, a prescindere dalla veridicità della sua qualità di presunto dissidente, se il marito dell’espulsa fosse in realtà un pluriricercato e in particolare quanto segue;
se presso le banche dati del segretariato generale dell’INTERPOL risultasse formalmente che, nel periodo di interesse, Mukhtar Ablyazov fosse un soggetto ricercato ai fini dell’arresto da tre Paesi dell’area INTERPOL, per gravi reati;
se, all’epoca dei fatti, magari attivando il medesimo segretariato generale, potesse essere noto che ad Ablyazov fosse stato concesso lo status di richiedente asilo o di rifugiato da parte del Regno Unito;
se corrisponda al vero che nel 2009 fosse stato stipulato un accordo, ratificato in legge nel 2016, di cooperazione internazionale tra l’Italia e il Kazakistan in tema di lotta alla criminalità organizzata e economica e, in tal caso, quali iniziative vogliano intraprendere;
quali iniziative intendano intraprendere in merito alla vicenda alla luce delle recenti, clamorose, rivelazioni venute alla ribalta con la pubblicazione del libro intervista al dottor Luca Palamara, all’epoca dei fatti di interesse autorevole esponente del CSM e, successivamente, dell’ANM