Cade l’accusa di associazione a delinquere. Pesanti condanne anche per il “cerchio magico” dei suoi amministratori giudiziari: 7 anni e 6 mesi all’avvocato Cappellano Seminara, 6 anni e 10 mesi al professore Provenzano, 3 anni per l’ex prefetto di Palermo Cannizzo. Assolto il giudice Chiaramonte. Confiscata l’abitazione della Saguto.
Saguto Silvana colpevole dei reati a lei ascritti”, dice il presidente del tribunale di Caltanissetta Andrea Catalano: 8 anni e 6 mesi di carcere per l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo. L’accusa aveva chiesto 15 anni e 4 mesi, per alcuni capi d’imputazione l’ex giudice è stata assolta: è caduta l’associazione a delinquere e secondo la difesa anche un’ipotesi di corruzione per una mazzetta da 20 mila euro, la procura ritiene diversamente, fra 90 giorni le motivazioni della sentenza chiariranno. Di sicuro, restano altre accuse di corruzione per Saguto e Cappellano. E poi le condanne ai risarcimenti delle parti civili: l’ex giudice dovrà pagare 500 mila euro alla presidenza del Consiglio, 50 mila alla Regione e 30 mila al Comune. Confiscati “per equivalente” alcuni beni, fra cui la sua abitazione.
Sette anni e 6 mesi all’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il “re” degli amministratori giudiziari. Sei anni e 10 mesi per l’ex professore della Kore Carmelo Provenzano. Tre anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo. Condanne pesanti per il “cerchio magico” che ruotava attorno a Silvana Saguto, la giudice più potente dell’antimafia fino a cinque anni fa. Contesa dai convegni antimafia, dall’università e persino dal Parlamento quando c’era da fare la legge sul sequestro dei beni. Oggi, non è più una giudice, il Consiglio superiore della magistratura l’ha radiata ancora prima della sentenza di condanna. E il suo “sistema” di gestione dei beni sequestrati è stato spazzato via. Con tutto il “cerchio” magico. “Un sistema perverso e tentacolare”, lo hanno definito i pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti nel corso della requisitoria.
Il tribunale ha condannato invece il marito dell’ex giudice, a 6 anni 2 mesi e 10 giorni: l’ingegnere Lorenzo Caramma era ricoperto di incarichi da Cappellano Seminara. Condannato a un anno e 10 mesi Walter Virga, giovane figlio di un giudice (Tommaso, assolto nel rito abbreviato), messo a guidare senza alcuna esperienza l’impero sequestrato agli imprenditori Rappa.
Sono stati quindici gli imputati di questo processo che ha segnato l’antimafia, tutti fedelissimi di una corte che aveva sede nell’ufficio a piano terra di Silvana Saguto, nel nuovo palazzo di giustizia, lì dove i finanzieri dell’allora nucleo di polizia tributaria guidato dal colonnello Francesco Mazzotta piazzarono una cimice, su ordine della procura di Caltanissetta.
Condannati pure l’amministratore giudiziario Roberto Santangelo (6 anni, 2 mesi e 10 giorni); il tenente colonnello della Guardia di finanza Rosolino Nasca, che era in servizio alla Dia di Palermo (4 anni); il professore Roberto Di Maria (2 anni, 8 mesi e 20 giorni); Maria Ingrao, la moglie di Provenzano (4 anni e 2 mesi); Calogera Manta, la cognata (4 anni e 2 mesi).
E’ stato condannato pure il figlio della giudice, Emanuele, 6 mesi, per una tesi che sarebbe stata scritta dal professore Provenzano.
Assolti invece il padre della giudice, Vittorio, e l’amministratore giudiziario Aulo Gigante, come chiedeva la procura.
I risarcimenti
Un risarcimento compreso tra 50mila e 400mila euro in favore della Presidenza del Consiglio dovrà essere versato anche da altri 6 imputati: tra questi il marito della Saguto, Lorenzo Caramma, e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. L’ex giudice è stata poi condannata al risarcimento del danno di 10mila euro a titolo di provvisionale anche nei confronti dell’imprenditore palermitano Filippo Rappa.
Con il dispositivo, il tribunale ha anche disposto la trasmissione degli atti alla Procura per alcuni testimoni ritenuti reticenti: Giuseppe Barone, Stefano Scamacca, Gianfranco Scimone, Alessio Cordova, Laura Greca, Alessandra Marta, Alessandro Bonanno, Roberto Pagano, Giuseppe Caronia. Trasmissione degli atti anche per Gaetano Cappellano Seminara, per alcune condotte.
Il processo
Settanta capi di imputazione e reati gravissimii contestati a Silvana Saguto: associazione a delinquere, corruzione, abuso d’ufficio. E’ il processo che ha segnato l’ultima stagione dell’antimafia. Ad essere finiti sotto accusa non sono stati i provvedimenti di sequestro emessi dalla sezione Misure di prevenzione, ma la gestione dei beni sequestrati, che finivano sempre nelle mani degli stessi amministratori. E poi loro facevano altre nomine di favore, tra amici e parenti. Nessuno controllava. Anzi, le segnalazioni erano ormai diventato il vero fulcro del sistema Saguto. Lei stessa lo ha rivendicato al processo, per provare a difendersi.
«Qui non c’è la prova che tutti sono colpevoli, ma che tutti sono innocenti», è stata la sua frase più celebre al processo. Introdotta da un colpo di scena, il primo giorno del suo interrogatorio: «Qualche giorno fa, ho ritrovato questa agendina. Qui segnavo quelli che mi facevano delle segnalazioni, tutti mi facevano segnalazioni, e io nominavo sulla fiducia». Eccolo, il sistema Saguto. La fiducia, la sua.
Le parole dell’ex giudice sono apparse come un atto d’accusa: «Intanto, le indicazioni arrivavano dai miei colleghi». Con la precisazione: «Intendiamoci, è giusto che facessero segnalazioni, perché mi fidavo di quelle persone, e io cercavo validi amministratori giudiziari a cui affidare la gestione dei beni». E udienza dopo udienza, in un’abile strategia di comunicazione mentre glissava le domande dei pm, ha citato nomi di magistrati, professori universitari, professionisti. C’era davvero un sistema attorno a Silvana Saguto. Che va molto oltre gli imputati di questo processo.
Fonte LA REPUBBLICA (Palermo)