Oggi raccontiamo una storia di ordinaria follia amministrativa ovvero burocratica che farà rimanere tutti a bocca aperta. Come noto gli agenti di Pubblica sicurezza vanno in giro armati di pistola d’ordinanza quando sono in servizio. Trattasi di Beretta modello 98/FS calibro 9 parabellum, una vera e propria arma da guerra i cui proiettili sono perforanti, per cui se entrano nel corpo umano, ne escono proseguendo in una traiettoria incontrollabile da parte di chi ha premuto il grilletto. Tale pistola è assai ingombrante e pesante (1,5 Kg) al punto da essere inoccultabile. A causa di ciò, poliziotti e carabinieri, quando non impegnati in attività professionali, per anni hanno usufruito della possibilità di ottenere un porto d’armi che consentiva loro di acquistare e utilizzare una rivoltella più piccola e maneggevole per difesa personale. Chi per mestiere fa il tutore dell’ordine svolge di norma attività e indagini delicate (in particolare indagini per mafia), e rischia di subire vendette, fino a rimetterci in certi casi la pelle. Quindi è opportuno che non si faccia cogliere impreparato in caso di aggressione. Come? Tenendo una pistola in tasca o nel fodero.
È sempre stato così ma da circa due anni non più. Non tutti i prefetti infatti concedono il porto d’armi ad agenti e a militari cosiddetti fedeli nei secoli. Perché? Il ministero degli Interni ha riesumato una circolare degli anni Trenta in base alle quale i citati servitori dello Stato, se fuori servizio, hanno sì facoltà di circolare armati ma solo della pistola d’ordinanza, quella da guerra, e non di una pistola più acconcia, di dimensioni ridotte. Qual è la ratio di questa disposizione insensata? È un mistero che non esitiamo a definire idiota. Infatti, non si comprende perché un militare sia autorizzato in ogni circostanza a portarsi addosso una Beretta parabellum, ma non sia abilitato a impugnare all’occorrenza una P38 meno ingombrante, non letale, in una parola più difensivo che offensivo.
In questo diktat c’è qualcosa di schizofrenico e, quindi, di illogico. Io posso andare in giro con un cannone anche se mi reco al cinema, però mi è vietato detenere una pistolina onde garantirmi un minimo di protezione da eventuali malintenzionati. C’è poi un aspetto comico che non va sottaciuto. In base all’ art. 73 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635 il Ministro dell’interno, il capo della polizia i prefetti i viceprefetti e i funzionari di polizia sono autorizzati a portare senza licenza qualsiasi tipo di arma da sparo senza limitazioni mentre la maggior parte degli agenti di polizia non può nemmeno richiedere un porto d’armi. Adesso il Ministro dell’Interno invita gli agenti a girare armati anche fuori dal servizio ma lo sa il ministro cosa vuol dire portare al seguito, soprattutto nel periodo estivo, un cannone di 21 cm e da 1,2 KG in maniera discreta, agevole e sicura..??
Da notare che il porto d’armi è stato revocato in ottemperanza a una contraddittoria norma ripescata, dopo quasi un secolo, nei fondali delle leggine vintage anche a polizotti che lo possedevano da vent’anni Una norma che oltretutto ogni prefetto interpreta a piacimento. Il paradosso è che un porto d’armi rifiutato dal prefetto di Bergamo viene invece concesso allo stesso soggetto dal Prefetto di Parma..!! Non basta: il pluricitato porto d’armi viene negato a carabinieri e poliziotti, ma accordato a tabaccai, droghieri, vigilantes e farmacisti per il solo fatto che costoro gestirebbero parecchio contante. Dal che si evince che per il nostro legislatore acefalo vale maggiormente una mazzetta di banconote che non la vita di un agente.
Invochiamo un intervento dell’amministrazione o del governo affinché rimedi a questa imperdonabile sciocchezza, che vede poliziotti e carabinieri impossibilitati a portare fuori dal servizio un arma diversa dal cannone da guerra che hanno in dotazione, pistola inidonea all’uso in luoghi pubblici. Servirebbe appellarsi al ministro Angelino Alfano, ma questi ci udirebbe?
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LA SEGRETERIA NAZIONALE