Niente tenuità del fatto per l’automobilista che, fermato dagli agenti e sanzionato per guida in stato di alterazione, li oltraggia alla presenza di altre persone mentre stanno compiendo il loro dovere. La Corte di cassazione (Sentenza 19010/2017) avalla la scelta dei giudici di merito di negare al ricorrente l’applicazione dell’articolo 131-bis che prevede la non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
Per la Cassazione il no era giustificato dal carattere virulento delle espressioni usate all’indirizzo dei pubblici ufficiali e dalla contestuale violazione delle norme di legge, oltre che dalla personalità complessiva dell’imputato. A far scattare la condanna per il reato di oltraggio al pubblico ufficiale (articolo 341-bis del Codice penale), era stata «l’oggettiva valenza offensiva dei beni dell’onore e del prestigio dei pubblici ufficiali , proprio mentre essi stavano procedendo ad una legittima attività di controllo a tutela della regolarità della circolazione stradale: espressioni ingiuriose che i giudici di merito hanno motivatamente apprezzato come finalizzate non tanto a incidere sul compimento dell’atto di ufficio (in via di definizione) quanto piuttosto a contestare aspramente, e con modalità disdicevoli, il doveroso operato dei pubblici ufficiali».
Il reato scatta, ricordano i giudici, quando le espressioni “incriminate” possono essere udite dai presenti. Una potenzialità che costituisce un aggravio psicologico tale da compromettere la prestazione, disturbando l’agente mentre compie un atto del suo ufficio e gli fa avvertire l’avversità nei suoi confronti e verso la pubblica amministrazione di cui fa parte.