di Antonio Scodalupi Leggi l’editoriale in PDF
Prendo spunto dalle parole di un aforisma di Socrate, il famoso filosofo geco tra i più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale risalente al 400 a.c., per introdurre un argomento su cui, a distanza di secoli, ci si interroga ancora oggi. In un suo scritto, il sommo filosofo, sosteneva: “Io invece credo, o carissimo, che sarebbe meglio che la mia lira fosse scordata e stonata, e che lo fosse il coro che io dirigessi, e che la maggior parte della gente non fosse d’accordo con me e mi contraddicesse, piuttosto che sia io, anche se sono uno solo, ad essere in disaccordo con me stesso e a contraddirmi”.
È di questi giorni la notizia che riguarda alcuni storici sindacati di polizia, i quali rivendicano il principio dello scorrimento delle graduatorie degli idonei ai concorsi nella P.A. ed in particole di quelle della nostra Amministrazione. Un tema caldo, quello dello scorrimento delle graduatorie, che tiene banco ormai da diversi anni.
A questo punto è il caso di parlare di coerenza, la cui definizione comune è quella di una unità d’insieme, ovvero un insieme in cui le parti non sono in contraddizione l’una con l’altra. La coerenza vieta che una parte subordinata agisca contro quella dalla quale dipende; la coerenza vieta che una parte vitale si separi da quelle altre da cui si ricava l’energia di vita, o che attenti alla vita di tutto l’insieme.
Da qualsiasi punto di vista la si intenda, la coerenza, è sempre un termine che appartiene alla logica e quindi non è altro che una derivazione del primissimo principio della logica stessa, che è quello di non-contraddizione. Parlando di coerenza e non-contraddizione, non si può non fare riferimento anche alla verità, intesa come carattere di ciò che è vero, in conformità a principi di coerenza ed a dati di una realtà obiettiva.
Ho citato volutamente questi tre aggettivi, “coerenza”, “non-contraddizione” e “verità”, perché a mio avviso sono le componenti che tutti noi ricerchiamo nelle istituzioni, in quelle strutture politiche e sociali che hanno il compito/dovere di fare il bene per la collettività; la mancanza di coerenza, le contraddizioni e le false verità generano un senso di sfiducia nell’animo di chi, in quelle stesse istituzioni, ripone le proprie aspettative. Ebbene, arriviamo al dunque.
La deputata Dalila Nesci, del m5s, chiede il riconoscimento del principio dello scorrimento delle graduatorie delle Forze di Polizia da oltre un anno, ed in tutti questi mesi ha presentato interrogazioni, interpellanze urgenti ed emendamenti specifici, occupandosi dei sovrintendenti e degli allievi agenti della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza e della Polizia Penitenziaria.
Tutto ciò per assicurare il rispetto di un principio, peraltro già riconosciuto dalla legge D’Alia, secondo cui, prima di indire un qualsiasi concorso pubblico all’interno della Pubblica Amministrazione, e questo vale anche per il comparto difesa e sicurezza, bisognerebbe scorrere le graduatorie degli idonei non vincitori. Un principio che, alla base dei motivi che ha indotto il legislatore ad introdurlo nel nostro ordinamento, attraverso una decretazione d’urgenza poi convertita in legge, ha lo scopo di razionalizzare la spesa ed i costi della Pubblica Amministrazione.
Con riferimento ai sovrintendenti della polizia di stato proprio nel dicembre del 2013, l’onorevole Nesci, in uno dei suoi interventi in Aula parlò di pressioni esercitate dai sindacati storici della Polizia di Stato nei confronti degli onorevoli Fiano e Rosato del Pd per far esprimere loro un voto contrario all’emendamento presentato dal Movimento Cinque Stelle a favore dello scorrimento della graduatoria del concorso da vice sovrintendente di polizia.
La stessa deputata in un suo articolo commentò così la vicenda: “È stata una battaglia difficile e istruttiva, dai due volti. Da un lato ho vissuto l’onestà, l’impegno e il senso di giustizia dei poliziotti, che nel sindacato NSP (Nuovo Sindacato di Polizia), nato dal comitato “Tutti Sovrintendenti”, hanno trovato un riferimento valido e senz’altro obiettivo. Dall’altro lato, invece, ho visto la doppiezza dei colleghi deputati del Pd Emanuele Fiano ed Ettore Rosato, renziani doc. I due hanno voltato le spalle ai poliziotti, cui avevano promesso di sostenere l’emendamento utile a scorrere le graduatorie dei Sovrintendenti. Lo avevano assicurato quel sostegno, ribadito, garantito, ma al primo ordine di scuderia Fiano e Rosato hanno chinato obbedienti la testa. Il Siulp ha premuto, dato che il Ministero dell’Interno ha pronto un concorsone da 24 milioni di euro, con il quale spera – e vanamente – di coprire gli 8.000 posti vacanti nel ruolo. Così, il partito che esprime il presidente del Consiglio ha calato le brache per i soliti giochi, quelli con cui si escludono i servitori dello Stato a vantaggio di interessi specifici. La scelta è stata chiara: sì a uno spreco inutile imposto dal potere, no allo scorrimento delle graduatorie, che avrebbe fatto risparmiare 24 milioni e rimediato in fretta alla grave carenza di organico. Di più, la mossa è stata fatta senza il voto in commissione Bilancio. Infatti, è stato rimesso al voto dell’Aula l’emendamento sulle graduatorie, indicato dal comitato “Tutti Sovrintendenti” e presentato dal gruppo Cinque Stelle perché utile allo Stato, cioè ai cittadini. Ora, siccome verrà posta la fiducia sulla Legge di stabilità, l’emendamento non sarà mai votato alla Camera, restando fuori del suo testo. Il Pd non ha avuto il coraggio della chiarezza. Anzi, ha dimostrato – ho urlato ieri alla Camera, parafrasando Giorgio Gaber – una «schifosa ambiguità». Sì, Gaber avrebbe qualificato in questo modo un comportamento incoerente e codardo: come me, Fiano e Rosato sentivano i poliziotti, tranquillizzandoli. E avevano scambi telefonici con idonei e con il coordinatore del comitato “Tutti Sovrintendenti”, l’infaticabile Roberto Intotero, ideatore del NSP. Per diversi mesi abbiamo fatto un percorso simile, almeno con Rosato, ricevendo il materiale del caso e ascoltando i poliziotti nella loro viva umanità, sganciata da ogni politicizzazione. Non mi sarei aspettata, perciò, la debolezza dei colleghi del Pd, il loro immediato voltaffaccia. Mi resta una consapevolezza: sono cresciuta, ho potuto capire meglio che la politica non è la strategia, il teatro dei vecchi riciclati. La politica è servizio: è ascolto, disponibilità e collaborazione alla pari. Ho cercato di agire così: con i poliziotti, il comitato e il Nuovo Sindacato di Polizia. Sono io a ringraziarli di cuore. E con la sincerità di cittadina. Adesso l’impegno per lo scorrimento proseguirà per tutte le Forze dell’Ordine”.
All’indomani del suo intervento in Aula, parlando appunto delle pressioni esercitate da Siulp e Sap nei confronti degli onorevoli Fiano e Rosato del Pd, gli stessi sindacati di polizia manifestano la volontà di denunciare la deputata Dalila Nesci per le frasi, da loro ritenute diffamatorie, pronunciate in quell’intervento alla Camera. “Siamo – dicono Felice Romano e Nicola Tanzi, segretari generali rispettivamente di Siulp e Sap – uomini di Stato che hanno giurato fedeltà alla Repubblica e alle Istituzioni per servirle, onorarle e rispettarle. Per questo non possiamo accettare, anche quando a proferirle è un deputato della Repubblica come l’onorevole Dalila Nesci, frasi diffamatorie che mettono in dubbio il nostro giuramento di fedeltà e di rispetto alle Istituzioni”.
Quanto appena scritto è solo un modo per ricordare gli eventi, i protagonisti, gli attori principali di una vicenda dalle tante sfaccettature e per mostrare ai più distratti la coerenza del percorso sindacale di queste associazioni.
Vorrei concludere dicendo che la memoria ha le gambe corte… così come le bugie; e, che per alcuni, l’unica coerenza risiede nell’essere incoerenti!
LA SEGRETERIA NAZIONALE
Editoriale aprile 2015