La riforma Madia che nel 2016 ha soppresso il Corpo forestale dello Stato e ha previsto l’assorbimento del personale nell’Arma dei Carabinieri è legittima. Lo ha deciso oggi la Corte costituzionale, in camera di consiglio, dichiarando non fondate le questioni di costituzionalità che hanno toccato sia la legge 124/2015 che delegava il Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, sia il Dlgs 177/2016, attuativo dell’operazione sulle funzioni di polizia e sull’assorbimento del Corpo forestale dello Stato.
La Corte, si legge in un comunicato stampa, ha ritenuto che sia la legge delega sia il decreto delegato non presentino vizi di costituzionalità in quanto le scelte sono il frutto di un bilanciamento non irragionevole tra le esigenze di riorganizzazione dei servizi di tutela forestale e quelle di salvaguardia delle posizioni del personale forestale.
I rilievi erano arrivati da tre Tar (Abruzzo, Veneto, Molise) e vertevano, in sostanza, su due grandi aspetti: la militarizzazione del Corpo forestale e la violazione del principio di autodeterminazione del personale, non completamente libero nella scelta del passaggio all’Arma dei Carabinieri. Con l’articolo 8 della legge 124/2015 il legislatore aveva disposto la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato e il suo eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, con «salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell’unitarietà delle funzioni da attribuire, assicurando la necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale». Con gli articoli 7 e seguenti del Dlgs 177/2016 il Governo ha conseguentemente disposto l’assorbimento del Corpo Forestale nell’Arma dei Carabinieri, facendo confluire in quest’ultima quasi tutte le sue funzioni e il personale a esse preposto, disciplinando altresì le modalità del transito del personale, con la previsione che la rinuncia all’assegnazione nell’Arma dei Carabinieri comporti una procedura di mobilità e collocamento in disponibilità.
La prima censura concerneva dunque l’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015 e viene denunciata, anzitutto, in riferimento agli articoli 9, 32 e 81 della Costituzione, in quanto il diritto alla tutela e salvaguardia dell’ambiente costituirebbe un diritto fondamentale della persona non sacrificabile per pretese esigenze di bilancio e di contenimento dei costi, quali quelle alla base dell’assorbimento. Il Tar rimettente aveva denunciato, inoltre, il contrasto della norma con l’articolo 3 della Costituzione in quanto l’operazione avrebbe portato a una riduzione di efficienza e non determinerebbe una razionalizzazione dei costi e una semplificazione organizzativa. Ultimo punto: la violazione degli articoli 76 e 77, primo comma, della Costituzione, in quanto sarebbe stata conferita al Governo una delega «in bianco», generica e indeterminata, anche con riguardo alla opzione della «militarizzazione» del personale.
Daniela Casciola – FONTE SOLE 24 ORE