La Consulta, con la sentenza nr° 232 del 2018 in commento, ha nuovamente dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, D. Lgs. 26 marzo 2001 nr° 151, stavolta nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, il figlio che, al momento della presentazione della richiesta del congedo, ancora non conviva con il genitore in situazione di disabilità grave.
Per effetto da ultimo della sentenza della Corte Cost. 18 Luglio 2013 nr° 203, che aveva già operato un primo allargamento del novero dei familiari potenziali beneficiari, la disposizione in rassegna contempla in sostanza per i parenti o affini entro il terzo grado di persone con handicap “in situazione di gravità” ex art. 3 comma 3, L. 5 Febbraio 1992 nr° 104 riconosciuta, con certificazione o verbale, dalla apposita Commissione Medica Integrata ex art. 4 comma 1, della medesima Legge 104/92, e secondo un preciso ordine, non derogabile, prestabilito dalla stessa disposizione – che dà priorità prima al coniuge, poi ai genitori, quindi ai figli, via via fino ad arrivare appunto ai parenti/affini più alla lontana, secondo una “graduatoria” che si può “scorrere” in favore del legittimato di ordine successivo soltanto in caso di impossibilità a causa di decesso, mancanza o patologie invalidanti e che non è altrimenti derogabile, neppure in presenza di dichiarazioni di rinuncia in favore del familiare in posizione “subordinata” – il diritto a fruire, nell’arco dell’intera vita lavorativa ed in maniera continuativa o frazionata, di un periodo massimo biennale di congedo retribuito per l’assistenza del disabile. (Corte Cost. 7 dicembre 2018 nr°232 )