Come noto L’art. 24 della legge n. 183/ 2010 ha ridefinito i criteri e le modalità per la concessione dei benefici in argomento modificando in particolare l’art. 33 della Legge 104/92.
Il nuovo testo dell’art. 33, comma 3 della legge 104 del 1992, recita: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. 11 predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente”.
La norma novellata definisce quindi compiutamente il novero dei beneficiari dei permessi in argomento, individuando il genitore il coniuge ed il parente o l’affine entro il secondo o terzo grado come destinatari del beneficio in parola.
Tuttavia è intervenuta di recente la sentenza 213/2016 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 che individua i fruitori dei permessi, laddove non include i conviventi oltre ai familiari più stretti. (si allega copia della sentenza)
Punto centrale dell’argomentazione dei giudici costituzionali è che l’interesse primario della legge 104/1992, così come del congedo straordinario previsto dalla legge 151/2001, è «assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare».
Inoltre la Corte ha rilevato che il diritto alla salute, tutelato dall’articolo 32 della Costituzione, rientra a sua volta tra i diritti inviolabili garantiti dall’articolo 2 della Carta costituzionale, sia in quanto il soggetto come singolo che nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità. Per quanto riguarda questi ultimi due assunti, per formazione sociale si deve intendere ogni forma di comunità.
Di conseguenza, per la Consulta «è irragionevole che nell’elencazione dei soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito…non sia incluso il convivente della persona con handicap in situazione di gravità». L’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 risulta illegittimo rispetto anche all’articolo 3 della Carta costituzionale non tanto perché non equipara coniuge e convivente, che hanno una condizione comunque diversa, ma perché costituisce una contraddizione logica dato che la norma vuole tutelare il diritto alla salute psico-fisica del disabile, finalità che in questo caso costituisce l’elemento che unifica la situazione di assistenza da parte del coniuge o del familiare di secondo grado e quella fornita dal convivente.
Escludere quest’ultimo dai beneficiari dei permessi comporta quindi, secondo i giudici della corte costituzionale, un’irragionevole compressione del diritto, costituzionalmente presidiato, del disabile a ricevere assistenza nell’ambito della sua comunità di vita «non in ragione di una carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato normativo rappresentato dal mero rapporto di parentela o di coniugio».
L’articolo 33, così come oggi formulato, viola quindi l’articolo 3 della Costituzione per irragionevolezza e gli articoli 2 e 32 per il diritto alla salute psico-fisica del disabile grave sia come singolo che nella società. La Corte costituzionale, nel riconoscere il ruolo del convivente lo equipara a quello della prima cerchia dei soggetti che, in via ordinaria, possono fruire dei permessi, cioè il coniuge, il parente o l’affine entro il secondo grado.
Stante quanto sopra, questa O.S., vista la delicatezza e l’importanza della materia trattata, ha richiesto formalmente (leggi l’istanza presentata ) di adeguare con sollecitudine la circolare al nuovo quadro normativo delineatosi a seguito della predetta sentenza della Consulta, recependola in ogni sua sfumatura, affinchè il beneficio in questione possa essere concesso anche al convivente che assiste il disabile.
prot-35-sg-2016-riconoscimento-beneficio-legge-104_92_signed
corte-costituzionale-sentenza_213_2016- legge-104
LA SEGRETERIA NAZIONALE